LA LUCE, LA VISIONE E I COLORI,
NUOVE TEORIE NEL TEMPO
DELLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA


Leonardo da vinci, Adorazione dei Magi, studio.

Dagli inizi del 1400, nelle chiese e nei luoghi pubblici, le pareti interne degli edifici venivano affrescate con dipinti dai forti effetti illusionistici (profondità, realismo dei colori), frutto di un attenta ricerca sui fenomeni della luce e della visione. Le immagini del rinascimento erano completamente diverse da quelle delle pitture e dei fregi medioevali. La rivoluzione operata nel mondo dell'arte dalla prospettiva diede un contributo notevole alla nascita di un nuovo modo di guardare la natura. Di questo periodo, l'opera pittorica e scientifica di Leonardo da Vinci rappresenta uno dei momenti più significativi che segna la nascita di una modalità nuova di guardare la natura e il mondo.

 

Grazie a questo nuovo sguardo sul mondo, in Europa si diventava sempre più consapevoli della fallacia di certe convinzioni che erano fino ad allora considerate verità: il cielo bidimensionale come una specie di mantello sopra, la terra al centro dell'universo. Non fu un caso, che in quel periodo di grandi sommovimenti culturali, Copernico (1473-1549) mandasse alle stampe, nel 1543, il suo De Revolutionibus Ormbium, in cui asseriva che il Sole stava al centro dell'universo. E non è neanche un caso che molti degli strumenti teorici, adoperati da Copernico per le sue argomentazioni, derivassero dalla geometria ottica, la stessa dalla quale avevano attinto i teorici della prospettiva per reinventare lo spazio pittorico.
Sistema solare tolemaico, da un codice del XVI secolo del De Sphaera mundi di Giovanni Sacrobosco.

 

In questo fermento culturale che attraversava l'Europa, fiorirono una grande quantità di trattati sull'ottica e sulla luce. Alcuni nati all'interno della tradizione Aristotelica ereditata dalla Chiesa cristiana, altri nati nel nuovo spirito laico e scientifico che andava sorgendo allora nel continente.
In questa pagina ci occuperemo, della teoria dei colori dello scienziato gesuita Franciscus Aguilonius e parleremo, inoltre, degli scritti sull'ottica dell'astronomo Ioannes Keplero, e del saggio sulla luce e la visione (Diottrica) di Renè Descartes.

 

 

 

GLI OPTICORUM LIBRI SEX DI FRANCISCUS AGUILONIUS (1567-1617)

 

Le ricerche scientifiche del gesuita francese Aguilonius, ricoprono una certa importanza nella storia dell'arte perchè influenzarono il lavoro del grande pittore Peter Paul Rubens. Aguilonius fu autore di un trattato di ottica dal titolo: Opticorum libri sex (I sei libri dell'ottica), nel quale si occupò di diversi aspetti riguardanti la luce, la visione ed i colori (vedi la pagina sul trattato di Aguilonius illustrato da Rubens). Come scrisse su di lui Goethe: "nella sua opera si avverte la quiete del convento", una quiete che gli permise di sviluppare un testo assai ricco e dettagliato, ma che non si distinse molto da quella che era l'eredità aristotelica (Aguilonius era, peraltro, un convinto avversario della teoria eliocentrica di Copernico).

 

Tra i diversi argomenti affrontati nel trattato di Aguilonius ricopre un certo interesse la sua teoria dei colori, la quale venne applicata dal pittore Peter Paul Rubens per la realizzazione di una serie di dipinti tra i quali Giunone ed Argo, nel quale appare un arcobaleno formato dai tre dei colori semplici di Aguilonius: il giallo, il rosso e l'azzurro.
Peter Paul Rubens, Giunone ed Argo (1611)

 

Secondo Aguilonius la scala cromatica è formata da cinque colori semplici (bianco, giallo, rosso, azzurro, nero) e da tre colori composti (arancio, verde, porpora). Il giallo è il colore più vicino al bianco, perchè è il più luminoso, per la ragione opposta l'azzurro è il più vicino al nero. L'arancio, il verde e il porpora sono colori composti perchè vengono formati dalla mescolanza di due colori:

Arancio = Giallo + Rosso
Verde = Giallo + Azzurro
Porpora = Rosso + Azzurro

Sebbene Aguilonius asserisse che i colori di cui parlava erano i colori della luce e non quelli usati dai pittori, risulta evidente che i tre colori composti sono formati secondo gli accoppiamenti di pigmenti di colori semplici adoperati dai pittori.
Il suo sistema di mescolanze è di fatto quello che venne adottato più tardi, come lo standard dei pittori.

 


Schema dei colori di Aguilonius.



GLI SCRITTI DI OTTICA DI IOANNES KEPLERO (1571-1648)

La prima opera sull'ottica di Ioannes Keplero è Ad Vitellionem Paralipomena. Con questa opera lo scienziato tedesco intendeva affrontare l'aspetto ottico dell'astronomia (per esempio: la deviazione dei raggi del sole da parte dei differenti strati dell'atmosfera terrestre). Nel libro V di quest'opera trattò in modo proficuo la questione della visione. Eseguendo degli studi anatomici sull'occhio, si rese conto che l'occhio funzionava come una camera oscura (vedi immagine sotto) e che la lente cristallina che si trova all'esterno dell'occhio era la responsabile della messa a fuoco sulla retina. Questa immagine, così come quella della camera oscura, si formava capovolta. Il motivo per cui, nonostante ciò, noi la vediamo diritta, sfuggiva a Keplero, ed egli reputò che si trattasse di un problema intorno al quale avrebbero dovuto indagare i medici, piuttosto che gli astronomi.

La camera oscura consiste in uno spazio chiuso, una scatola in cui non entra luce. Una delle pareti di questo spazio chiuso presenta un foro piuttosto piccolo, dal quale l'immagine degli oggetti che si trovano davanti alla parete, nello spazio esterno, viene proiettata, per ragioni geometriche capovolta sulla parete opposta a quella dove si trova il foro. Nell'immagine accanto, l'imamgine capovolta proiettata sulla parete è quella del sole. La camera oscura era conosciuta sin dagli inizi dell'anno 1000. Anche Leonardo da Vinci la studiò per le sue ricerche sull'ottica e la visione.

Il 4 marzo del 1610 Galileo Galilei pubblicò il Sidereus nuncius in cui rese pubblici i risultati delle sue osservazioni fatte con il cannocchiale. L'intero mondo scientifico fu sconvolto dalle scoperte di Galilei . Presto vi fu un tentativo di demonizzare le scoperte di Galilei, venne pubblicato uno scritto nel quale si asseriva che i satelliti intorno a Giove visti dallo scienziato italiano fossero solo riflessi ottici prodotti dal suo cannocchiale. Keplero, invece, si schierò tra i sostenitori convinti di Galilei.
Keplero cercò subito di costruire un cannocchiale come quello di Galilei, ma a Praga, dove lui a quei tempi viveva, non vi erano degli artigiani sufficientmente bravi per costruire delle buone lenti, tantomeno degli apparati complessi.
Solo diversi anni dopo, Keplero riuscì ad avere in prestito da un conoscente un cannocchiale, con il quale ebbe la possibilità di osservare ciò che Galilei aveva scoperto. Scrisse una relazione sulle sue osservazioni dal titolo Narratio de Jovis satellitibus, in cui confermava quanto scritto da Galileo. Ma gli effetti che su di lui ebbe la lettura del Sidereus Nuncius non finirono qui.
All'inzio del Sidereus, Galielo dava una spiegazione piuttosto approssimativa sui principi secondo i quali funzionava il cannocchiale. Keplero, allo scopo di dare un contributo di chiarezza e dimostrare la bontà e l'utilità di questo nuovo strumento scientifico, scrisse un trattato sulle lenti dal titolo Dioptricae che può essere considerato come il primo trattato di ottica moderna. Era la prima volta che le lenti diventavano oggetto di studio scientifico.
In questo trattato Keplero studiò i diversi tipi di lenti: quelle che concentrano i fasci luminosi (lenti convesse, le lenti usate dai presbiti) quelli che li facevano divergere (lenti concave, le lenti usate dai miopi). Studiò i sistemi di lenti, in cui diverse lenti, montate insieme opportunamente, permettono di ottenere, per esempio, ingrandimenti estremi di immagini di oggetti lontani, come nel caso del cannocchiale. Gli studi di ottica di Keplero furono la base di tutta l'ottica moderna e il punto di partenza per la costruzione di apparecchi visivi per gli usi più disparati, dal microscopio a gli obiettivi fotografici.

Le fasi della Luna disegnate da Galileo Galilei.

 

 

 

LA DIOTTRICA DI RENE' DESCARTES (1599-1650)

Il saggio sull' Ottica del filosofo francese Descartes (Cartesio) fa parte di un opera filosofica di grande respiro dal titolo Il Mondo, nella quale Descartes sperimenta il suo metodo di analisi razionale della realtà (Il discorso sul metodo), mettendolo in pratica nell'osservazione e nello studio di una serie di fenomeni naturali (i sensi dell'uomo, la luce). La Diottrica di Cartesio, dal punto di vista scientifico, non aggiunge nulla di nuovo a ciò che Keplero aveva detto con il suo Dioptricae.


Immagine che illustra la teoria della percezione di Descartes

Il saggio di Descartes si articola in tre linee: ottica teorica, psico-fisiologia, fisica applicata.
Il contributo più originale di Descartes riguarda la psico-fisologia della visione. Come abbiamo visto, Keplero, nella sua ricerca sul funzionamento dell'occhio, si ferma alla retina dicendo che ciò che avviene al di là della retina è una cosa che riguarda i medici. Descartes, ripetendo gli stessi esperimenti di Keplero (analisi dell'occhio, camera oscura), disegna un modello dell'occhio in cui il nervo oculare è collocato correttamente, a differenza del modello di Keplero; dopodichè si occupa di ciò che succede al di là della retina. La sua ricerca porta Descartes alla convinzione che ciò che noi vediamo sia una costruzione della nostra mente. Che l'immagine del mondo che noi abbiamo non è altro che una risposta dell'apparato nervoso, comprendente il cervello, ad una serie complessa di stimoli esterni. Questa teoria sui sensi dell'uomo avrebbe più tardi dato i suoi frutti negli studi sulla percezione dei colori realizzati da Young agli inizi dell'800, studi che avrebbero costituito le basi di una nuova interpretazione scientifica dei colori.

 

 

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