Per costruire la rete di conoscenze, gli
allievi hanno dovuto sviluppare/utilizzare, sia pure ad un livello
qualitativo, una serie di abilità operative caratteristiche del “fare
scienza” (individuazione di fenomenologie sovrapposte; di variabili e
di relazioni fra di esse; produzione di ipotesi; produzione di
previsioni in base alle ipotesi fatte; controllo delle previsioni;
esecuzione di esperienze; uso di un linguaggio non ambiguo e condiviso
…).
Indipendentemente dallo specifico tema affrontato, mi
sembra opportuno sottolineare, in sede di conclusioni, le conquiste
degli allievi sul piano metodologico-culturale, intendendo per
“cultura” un sapere che non sia meramente nozionistico ma un sapere
che si traduca in strumento personale di lettura e di intervento sulla
realtà.
I bambini hanno appreso ad “osservare in modo
mirato”, per porsi problemi, o per rispondere a problemi, di natura
scientifica, nel senso di problemi che corrispondono contemporaneamente
ad un’esigenza di vedere “come le cose sono o succedono” e di
trovarne spiegazioni, all’interno di un quadro che i bambini
pretendono sia complessivamente coerente. Questo atteggiamento non è
stato relegato nel compartimento stagno delle cose che si devono fare a
scuola, ma è diventato, almeno in riferimento ai fenomeni considerati,
un modo spontaneo di interazione con la realtà quotidiana, come
testimoniato dai frequenti riferimenti dei bambini ad esperienze
extrascolastiche.
Questo traguardo ha potuto essere raggiunto grazie alle
caratteristiche dell’ambiente di apprendimento in cui gli allievi
hanno lavorato. Il tipo di osservazioni ed esperienze loro proposto era
o immediatamente ricollegabile all’esperienza quotidiana, o costruito
per affrontare problemi che i bambini stessi erano arrivati a formulare
o potevano comunque comprendere e fare propri in base al percorso già
svolto. L’interazione fra pari ha favorito il processo di riflessione
sulle proprie idee e di esplicitazione delle stesse, sollecitando la
costruzione di modi di esprimersi più adeguati ad una
descrizione/interpretazione non ambigua e comprensibile a tutti dei
fenomeni oggetto di indagine. La volontà di pervenire a conclusioni
comuni è stata un fattore di importanza fondamentale per acquisire
consapevolezza del ruolo degli “esperimenti” come strumento di
indagine della realtà e di controllo delle ipotesi. Il gioco delle
previsioni e delle verifiche ha motivato i bambini a lavorare
sperimentalmente in modo sempre più sistematico ed accurato.
Sono rimaste ambiguità/confusioni che una maggiore
esperienza da parte mia avrebbe potuto evitare. Sono rimasti anche
problemi aperti sui quali ho preferito sorvolare. A posteriori ritengo
che avrei potuto farne oggetto di considerazioni esplicite, anche senza
pretendere di risolverli, per avviare gli allievi alla consapevolezza
che una caratteristica costitutiva della conoscenza scientifica è
proprio quella di porsi sempre nuovi problemi.
In definitiva ritengo che attraverso
questo modo di lavorare in classe i bambini siano giunti non solo ad
acquisire conoscenze più estese ed approfondite rispetto a quelle che
avrebbero acquisito con un insegnamento di tipo tradizionale, ma anche
che abbiano acquisito atteggiamenti, abilità operative e consapevolezze
che non sono presi in considerazione nell’insegnamento tradizionale,
ma che danno spessore culturale alle conoscenze stesse, beninteso ad un
livello adeguato all’età dei bambini della scuola elementare.
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